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Profili di un democristiano di frontiera

Pater. Per le sue figlie. Per il reparto affidatogli da ufficiale. Per i piccoli alunni. Per quanti muovevano i primi passi nella Dc di De Gasperi. E per i tanti amici altavillesi che in lui hanno visto un punto di riferimento e ai quali ha impartito le sue “lezioni di vita”. Don Vittorio è stato tutto questo. A tracciarne un dettagliato e affettuoso ricordo il libro Profili di un democristiano di frontiera che il nipote Mario Vanni ha deciso di dedicargli convinto che “se è vero che ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia questa raccolta nasce dal fumo dei ricordi e cerca di mettere in salvo i frammenti di un diario intenso”.

Ecco allora prendere forma nelle 140 pagine il ritratto dell’uomo pubblico e privato, del politico e del marito, della figura carismatica e autorevole che per oltre quarant’anni ha avuto un ruolo di primo piano sul palcoscenico altavillese.

Un lungo viaggio, insomma, che parte dall’infanzia (Vittorio Caruso è nato nel 1913): i primi anni trascorsi con i 10 fratelli, la successiva decisione di entrare in seminario per completare gli studi con la licenzia ginnasiale, fino alla chiamata alle armi e al debutto nell’insegnamento. Tanti gli aneddoti personali racchiusi in questa prima parte del libro che ricordano l’aspetto più intimo di don Vittorio, le lettere che inviava dal fronte (era stato precettato nel 1941 per partecipare alla campagna Iugoslava fino all’armistizio, al comando di un plotone di fucilieri) agli amici (il dottore Sardone), ai parenti (la cugina Delfina) ma senza dubbio le più toccanti sono quelle indirizzate ad Amalia Roberti che nel 1941 è diventata sua moglie. A lei riserva le confidenze più intime, il racconto degli stati d’animo più angosciati per la dura realtà che sta vivendo e le più belle parole d’amore. “Amalia mia carissima – scrive dal fronte nel luglio del 1941 – ho dovuto trascurarti di scrivere per due giorni per una grave sciagura capitata ad un Caporal Maggiore della mia compagnia che è morto annegato nel fiume Kolpi dove siamo accampati. Tutta la responsabilità del fatto è caduta sulle mie spalle perché unico ufficiale rimasto in sede.…Sono stato il primo a correre sul posto, fuori di me non sapevo cosa fare, ero disperato, pazzo di dolore e proprio allora la visione di Amalia mia mi sorreggeva”.

La lunga e amara parentesi del conflitto mondiale lascia poi il posto all’attività politica: 26 anni di amministrazione comunale, dal 1952 al 1978, 11 all’opposizione e 15 nella maggioranza ricoprendo l’incarico di sindaco e vicesindaco restando poi per tutta la vita un “vecchio saggio” a disposizione delle nuove leve. E si perché parlando di Vittorio Caruso non si può tralasciare il suo amore per la politica. Don Vittorio è stato un politico di quelli di una volta: genuino, carismatico e popolare. Di quelli che credono nella scuola della politica e che considerano il fare politica una cosa seria. Contrario ai cambi di casacca e fermamente convinto dei suoi ideali democristiani. E a conferma di questo durante la campagna elettorale per le politiche del 1996 il segretario nazionale del PPI, Gerardo Bianco, mentre salutava gli amici di Altavilla ha sottolineato: “Vittorio Caruso è stato l’unico vero sindaco democristiano”.

Tante nel libro le testimonianze della sua attività amministrativa: dal discorso per l’inaugurazione di via Immacolata in occasione dell’anno mariano del 1955, all’excursus su tanti aspetti di Altavilla oggi dati per scontati ma che nel passato hanno incarnato delle grandi novità, come il completamento della rete idrica “a tutte le strade del vecchio abitato, al vico di Maria Luisa, al Campo Sportivo e al Macello”, l’illuminazione di via Giardini o la costruzione dell’edificio della scuola elementare.

Di grande valore storico, però, sono soprattutto i discorsi politici pronunciati durante le agguerrite e leali campagne elettorali che per anni hanno visto contrapporsi Dc e Psi per la guida del paese. “La politica qui da noi – spiega con enfasi Vittorio Caruso durante un comizio – non si può più concepire come arroccamento di una sola persona nelle cui mani per furia incontrollata di popolo o per astuta, più che sapiente scelta di tempo, va a cadere lo scettro dell’Imperio. Qui ad Altavilla non si possono e non si debbono agitare scettri e faretre. Sono finite le lotte per le investiture, siamo al 1966 per la democrazia, quella vera ed autentica, è già patrimonio di tutti gli italiani ed, anche di più, dell’intelligente popolo di Altavilla”.

Ma accanto all’impegno politico Vittorio Caruso non ha disdegnato l’impegno sociale: è stato presidente dell’Associazione sportiva altavillese fino all’elezione a sindaco e anche successivamente ha sempre seguito da vicino i giallo-verdi della locale squadra di calcio, in più è stato il primo presidente della Pro-Loco nata in paese un anno esatto dopo il terremoto del 1980. Ma non va dimenticata la sua passione per il giornalismo portata avanti come cronista per Il Mattino e Il Roma e il suo lavoro di maestro che lo ha visto insegnare a tante generazioni di altavillesi fino al 1975 quando andando in pensione viene così simpaticamente ricordato da Alfredo Sardone con un madrigale: “Vittorio hai fatto il primo cittadino, altre volte il secondo o il consigliere; per trent’anni hai difeso una bandiera con Sullo con De Mita e con Mancino. Con Ciccio hai fatto pur l’opposizione, hai battagliato sempre strenuamente, ti puoi considerare un combattente: con l’abbuono ti spetta altra pensione”.

Nel libro di Mario Vanni non mancano gli affettuosi ricordi di tanti amici: l’attuale primo cittadino, Alberico Villani, che sottolinea come per lui don Vittorio sia stato “un’ottima scuola di vita e di partito”; l’ex sindaco Filomena Caruso che nella prefazione chiarisce la sua definizione di “grande”: “in una comunità – spiega – è considerato grande chi si distingue per pregi, virtù ed azione senza “distanziarsi” dall’altro sotto il profilo dei rapporti umani, anzi è in continua simbiosi con tutti, senza distinzioni di ceto, cultura o età. Questo è stato Vittorio Caruso”. E ancora le parole dell’ex presidente della Provincia, Francesco Maselli che ricorda il debutto sulla scena politica proprio quando don Vittorio terminava la sua esperienza di amministratore: “Vittorio Caruso, e con lui Teodorico Sarti, Gino Luongo, Giuseppe Egidio Michele Parente e tanti altri, si stagliava ai nostri occhi di matricole come un gigante al quale guardavamo con ammirazione e con un certo timore reverenziale”.

Da ultimo – si aggiunge oggi – l’affettuoso ricordo personale di chi scrive. Che della complessa figura di don Vittorio ha in mente un solo aspetto: quello di un vecchio “nonno” che durante il sisma dell’Ottanta in una baracca di lamiere senza luce né televisione fa volare il tempo con i suoi racconti di vita.

Poi il 4 aprile 1999 l’uscita di scena. Inattesa. Improvvisa. Dolorosa.

                                                                                               Anna Astrella

 

 

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