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1952

  • 1° novembre

 

IN UNA SOLFATARA IRPINA DUE MINATORI, PER TRE ORE PRIGIONIERI DELLE FIAMME, SONO STATI STRAPPATI AL ROGO PER L’AUDACIA DEI COMPAGNI DI LAVORO E DEI VIGILI DEL FUOCO SOPRAGGIUNTI

(Fausto Grimaldi. Dal quotidiano “ROMA” - Sabato 1 Novembre 1952).

   Due vite umane sono state salvate dal coraggio dei vigili del Fuoco di Avellino e dallo spirito di solidarietà di due tecnici minerari. Dopo mezzogiorno di ieri il minatore Giuseppe Campanile che lavorava con altri due compagni in una galleria della miniera di zolfo della ditta Di Marzo, veniva fuori dando l’allarme: un incendio si era sviluppato nell’interno della galleria e i due suoi compagni di lavoro erano rimasti isolati al di là del cerchio di fuoco sviluppatosi per una profondità di circa trenta metri.

   Si dava immediatamente l’allarme e sul posto giungevano i Vigili del Fuoco di Avellino al comando dell’ing. Mattoni e una squadra di operai della vicina miniera di zolfo SAIM di Altavilla Irpina. I primi tentavano di portare direttamente soccorso ai due operai ma i loro tentativi riuscivano vani sia per l’alta temperatura creatasi nella zona dell’incendio e sia per la quantità di gas che si sprigionava dalla combustione. Scartata la possibilità di far pervenire acqua in galleria attraverso i tubi di aria compressa che azionano i trapani e che sono stati opportunamente lasciati liberi per dare aria ai due isolati, i Vigili del Fuoco con accorta e pronta manovra si portavano nelle immediate vicinanze dell’incendio protetti da modernissimi scafandri di recente costruiti in Germania e concessi in dotazione al IX Corpo Vigili del Fuoco di Avellino. Attendere che l’incendio si fosse spento completamente equivaleva ad abbandonare alla propria sorte i due operai. E allora attraverso il cerchio di fuoco venne spinto verso il centro della galleria a tutta velocità uno dei carrelli su cui aveva preso volontariamente posto il vigile del fuoco Bottone Francesco, accompagnato dai periti minerari Bruno Cianca e Umberto Conedera della SAIM di Altavilla.

   I due prigionieri del fuoco, intanto, smontavano i trapani e potevano così ricevere dall’esterno l’aria che veniva compressa nei tubi. Non in sufficiente quantità, però,essendo essi continuamente investiti dai gas della combustione. Infatti i due cadevano privi di senso nel fondo della galleria.

   Alle 14,36 veniva fuori il perito Cianca il quale nell’opera di salvataggio si era ferito al braccio destro cadendo sulle rotaie della “decauville” e presentava inoltre i segni della asfissia. Egli poteva, nonostante che fosse allo stremo delle forze, informare che uno dei due operai era stato tratto al di qua del cerchio di fuoco. E infatti alle 14,59 il minatore Antonio Zuzolo, fu Vincenzo, da Tufo, veniva riportato alla superficie privo di coscienza e in preda a visibili e gravissimi segni di asfissia.

   Dopo una decina di minuti anche l’altro operaio a nome Giovanni Guerriero, pure da Tufo, poteva essere ricoverato nell’infermeria della miniera con evidenti segni di ustioni e di asfissia.

   Le fasi delicate dell’operazione di salvataggio sono state dirette dall’ing. Mattone e dai tecnici delle miniere Di Marzo. Da segnalare il comportamento del Vigile del Fuoco Bottone che è riuscito ad applicare la maschera al Guerriero e a trascinarlo verso il carrello; poi, vinto egli stesso dai sintomi dell’asfissia in quanto nella lunga e difficile manovra aveva esaurito la sua riserva di ossigeno della maschera, e mezzo tramortito, riusciva ad aggrapparsi ad un argano e si poneva in salvo. Da segnalare inoltre lo spirito di solidarietà dei due tecnici della SAIM che sprezzanti del pericolo cui andavano incontro si sono resi autori del salvataggio dei due minatori.

   Una folla imponente accorsa dall’abitato di Tufo faceva ressa dinanzi ai cancelli della miniera a stento trattenuta dalla forza pubblica. Sono state tre ore di comprensibile orgasmo da parte dei parenti dei due operai e di quelli che avevano preso parte alla squadra di soccorso calatasi nella galleria.

   L’incendio veniva domato grazie alla perizia e all’audacia dell’ing. Mattone e dei suoi uomini.

   Circa le cause del sinistro si pensa che l’incendio si sia propagato alla parete da una lampada ad acetilene usata dai minatori intenti al lavoro di pulizia della galleria.